AMBIENTE E SALUTE PER L’EUROPA DEI DIRITTI UMANI – elezioni europee 2019

Le sfide che l’umanità si trova ad affrontare a partire dal cambiamento climatico, dalle disuguaglianzec profonde e crescenti che minano la convivenza sociale ci indicano che abbiamo bisogno di un’Europa che abbia una sua identità politica riconoscibile che nasca dalla democrazia e dalla ricchezza delle diversità culturali; sfide cruciali che debbono essere raccolte da Istituzioni europee democratiche che valorizzino il ruolo della partecipazione dei popoli alle decisioni e contrastino le intrusioni di interessi di parte.
L’Associazione medici per l’ambiente-ISDE (International Society of Doctors for the Environment)- Italia chiede ai futuri parlamentari europei di impegnarsi per un nuovo percorso che riprenda la strada verso una Europa veramente unita, a partire da una Costituzione condivisa ed attuata da tutti  gli Stati membri per poter contribuire alla soluzione delle gravi emergenze che incombono sul pianeta: cambiamenti climatici, distruzione delle risorse naturali, crisi economiche, culturali, sociali e politiche, nuovi rischi di guerre, solo per citare le emergenze più evidenti.
Di fronte a questo scenario globale abbiamo “bisogno di Europa”, intesa come reale Federazione di Stati, fraterna ed ospitale, che risponda alle esigenze delle varie popolazioni che la costituiscono.
La vecchia ricetta dell’unificazione europea attraverso la sola crescita economica ha procurato non solo mercificazione e degrado dell’ambiente, ma anche disoccupazione sempre più diffusa. Occorre un progetto di cittadinanza europea, per cui chi vi appartiene si senta allo stesso tempo cittadino della sua nazione e cittadino europeo, consapevole dei diritti umani, civili, sociali, culturali, religiosi e di genere che tale cittadinanza comporta. L’associazione medici per l’Ambiente- ISDE Italia ritiene che queste siano le premesse affinché il bene comune, la salute dei popoli e dell’ambiente attuale e futuro, possano trovare le soluzioni credibili e necessarie che sono drammaticamente urgenti.

AMBIENTE E SALUTE: UN APPROCCIO COMPLESSO E UNITARIO
L’ambiente nella sua accezione più completa e complessa – comprensiva di stili di vita, condizioni sociali ed economiche – è un determinante  fondamentale per il benessere psicofisico e quindi per la salute delle persone e delle popolazioni. La considerazione e la valutazione del rapporto ambiente e salute dovrà pertanto rivestire ancora di più un ruolo centrale in ogni intervento legislativo, programmatico e d’indirizzo del prossimo Parlamento Europeo. I cambiamenti climatici sono ormai un dato acclarato e non solo uno dei tanti scenari futuri possibili per il nostro pianeta.
ISDE ritiene che l’attuale modello economico sia insostenibile come è stato anche documentato dai recenti rapporti IPCC ovvero di autorevoli agenzie come la The Lancet Commission in tema di cambiamenti climatici che drammaticamente evidenziano come il tempo per azioni politiche di mitigazione stiano ormai scadendo.
Essi sono stati e continuano a essere indotti dall’immissione in atmosfera di gas serra, generati da attività industriali e sistemi di trasporto e dalle attività agricole e zootecniche, e rappresentano – come denunciato ormai da anni e in varie sedi dalla comunità scientifica internazionale – una grande emergenza planetaria e impongono scelte decisive e non più rimandabili, in ragione delle drammatiche conseguenze economiche, ambientali, biologiche, sanitarie a cui hanno già dato origine e a cui sempre più preludono.
Le istituzioni europee devono agire per modificare il modello economico e di consumo con azioni legislative coraggiose e precauzionali, in tutti i settori dell’attività economica e rafforzando anche la consapevolezza dei cittadini su questo problema. C’è l’esigenza di un vero e proprio cambio di paradigma, l’unica premessa di un cammino che riporti il nostro stile di vita nel solco della sostenibilità e della prevenzione primaria dei danni ambientali e alla salute.
L’Europa non può rinunciare ad una visione di lungo periodo e ad affrontare le implicazioni che la rapidità dei profondi cambiamenti in corso hanno sulle popolazioni e sui processi migratori con politiche di chiusura che non sono sostenibili nemmeno nel breve periodo.

Le difficoltà sono enormi, perché da un lato i mutamenti globali che una impostazione, in parte inconsapevole, delle relazioni del dare ed avere ha messo in moto continueranno per inerzia per un tempo lungo anche decenni e, dall’altro, perché le vie di uscita nel dettaglio dovranno e potranno essere costruite direttamente sul campo con un netto ricollocamento di risorse ed in una fase di partecipazione molto compromessa oggi dalla crisi delle forme democratiche e partecipative.
E’ indispensabile quindi un forte ripensamento dell’attuale modello di sviluppo e dell’intero sistema economico, che riconosca la centralità del binomio ambiente-salute.
Il rapporto dinamico, di interdipendenza e indissolubile che lega ambiente e salute deve essere essenziale nel dibattito scientifico e culturale e deve ispirare ed orientare tutte le scelte culturali, politiche e economiche. Come medici e ricercatori abbiamo il compito e il dovere morale di indicare tra queste quelle più opportune e sicure per tutelare l’ambiente e la salute delle persone e delle generazioni attuali e future e l’intera biosfera.
Sempre più spesso invece l’ambiente è stato ed è considerato come un fiorente settore d’affari e sempre più numerosi e drammatici sono diventati i crimini e gli scempi ambientali: inquinamento dell’intera eco-biosfera, con particolare riferimento alle catene alimentari e agli ecosistemi; deforestazione, desertificazione, cementificazione di territori sempre più vasti; grandi opere e infrastrutture, spacciate come cruciali (spesso con il sostegno di vere e proprie campagne mediatiche e pubblicitarie), ma devastanti per l’ambiente e dannose per la salute delle popolazioni.
Per questi motivi è necessario diffondere intorno ad ogni decisione e progetto ad alto impatto ambientale la più rigorosa ed obiettiva informazione scientifica, così da permettere e promuovere l’attiva partecipazione dei cittadini, in ogni Stato dell’Unione, secondo quanto previsto dalla Convenzione di Aarhus. Riteniamo, infatti, che una corretta informazione, la partecipazione democratica, la condivisione delle scelte siano presupposti fondamentali di una politica responsabile e rispettosa di un giusto rapporto tra cittadini e ambiente.
A partire dalle suddette considerazioni la nostra associazione auspica che qualsiasi intervento legislativo, programmatico e d’indirizzo del nuovo Parlamento europeo si ispiri ai suddetti valori e individua quindi alcuni principi fondamentali e settori prioritari per una corretta politica di salvaguardia dell’ambiente e di tutela della salute.

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ambiente e salute per l’europa dei diritti

Pubblicazione Presentazioni convegno “Dalle combustioni ai cambiamenti climatici: impatti su ambiente e salute” 02/06/2018

Ai link sottostanti si possono scaricare le presentazioni proiettate al convegno del 2 giugno 2018 “Dalle combustioni ai cambiamenti climatici: impatti su ambiente e salute”.

Dalle combustioni ai cambiamenti climatici – Romizi

I climi del passato – Luca Capraro

Modelli previsionali dei cambiamenti climatici – Susanna Corti

Impatti delle combustioni su ambiente e alimentazione – Gianni Tamino

Impatti dei cambiamenti climatici sulla salute umana – Vincenzo Pietrantonio

sabato 2 giugno 2018 Evento “Dalle combustioni ai cambiamenti climatici: impatti su ambiente e salute”

Sala “Tempio del Benessere” – Abano Terme Viale delle Terme, 171. Aperto a tutti – Ingresso libero fino a esaurimento posti. Con il patrocinio di Città di Abano Terme, Città di Montegrotto Terme, Comune di Padova, Ordine Provinciale dei Medici Chirurghi ed Odontoiatri – Padova.convegno

*L’ambiente: “bene della vita, materiale e complesso, la cui disciplina comprende la tutela e la salvaguardia della qualità e degli equilibri delle sue singole componenti”

Inquinamento e riscaldamento globale stanno cambiando rapidamente l’ambiente in cui viviamo e questo, accanto fenomeni di deprivazione economica, culturale e sociale di sempre maggiori porzioni di popolazione, si ripercuote con effetti negativi sulla salute.

L’Organizzazione Mondiale della Sanità valuta in 12,6 milioni/anno i decessi causati da fattori di rischio ambientali evitabili e prevede, tra il 2030 e il 2050, che i cambiamenti climatici possano determinare circa 250.000 morti in più l’anno per cause che vanno dalla malnutrizione, malaria e diarrea al surriscaldamento globale con miliardi di dollari in danni diretti per la salute.

In questo 2 giugno, Festa della Repubblica Italiana, diventa importante fare una riflessione su salute e ambiente posto che nella Costituzione ambiente e salute hanno un rilievo importante: “la Repubblica tutela il paesaggio e il patrimonio artistico e storico della Nazione”*  ;

“La Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell’individuo e interesse della collettività, e garantisce cure gratuite agli indigenti”

Kerstin Leitner afferma: “Cresce l’evidenza scientifica che i cambiamenti nel clima globale avranno effetti profondi sulla salute e sul benessere dei cittadini del globo. Dobbiamo capire meglio dunque i potenziali effetti sulla salute in particolare per i gruppi vulnerabili, in maniera da gestire meglio il rischio”.  Il convegno si pone l’obiettivo di mettere l’accento sugli impatti che i cambiamenti nel clima globale hanno su ambiente e salute e sul diritto dei cittadini a vivere in uno stato di completo benessere fisico, mentale e sociale.

 

“Tutti gli uomini sono responsabili dell’ambiente, i medici lo sono due volte

Lorenzo Tomatis

Programma

Il punto di vista veterinario sui pfas

Il punto di vista veterinario. La contaminazione da Pfas negli alimenti: l’anello mancante tra qualità dell’ambiente ed esposizione dell’uomo

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I dati prodotti dallo studio sui Pfas in varie matrici alimentari presentati alla stampa il 16 novembre scorso forniscono spunti di approfondimento per la contaminazione ambientale dei suoli agricoli, e per l’apporto di Pfoa da parte di alimenti solidi, di origine animale. Tali elementi non sembra siano stati adeguatamente considerati fino ad ora, dove l’attenzione è stata fondamentalmente rivolta al ruolo delle acque potabili, e all’adozione dei sistemi di depurazione adeguati.

Premessa

La presentazione alla stampa dei risultati analitici su 12 Pfas riscontrati nella cosiddetta area rossa in varie matrici di interesse alimentare è oggetto di grande interesse, specie se correlata alla conoscenza resa disponibile sulla contaminazione della falda da parte di Arpa Veneto, nel corso della Summer School  Assoarpa di Cagliari 27-29  settembre, e più recentemente dalla Regione Veneto e dall’Istituto Superiore di sanità per quanto riguarda lo studio di biomonitoraggio, con particolare riferimento ai residenti nelle area della ex Asl 5 e 6, e indipendentemente dalle Asl ex 5 e 6, nel gruppo di allevatori/agricoltori, nel corso del Convegno nazionale “Ambiente e salute” a Bologna, il 7 e 8 novembre scorso.

Per dare alcune chiavi di lettura dei dati alimentari, sembra opportuno sintetizzare quanto partecipato a Cagliari e a Bologna.

 

I dati ambientali

A Cagliari Arpa Veneto ha definito in modo tridimensionale e geo-referenziato la contaminazione da Pfas nella falda associata alla pressione industriale della ditta Miteni, e il suo andamento sotterraneo e poi sorgivo. Rispetto all’andamento di tale falda e alla modellizzazione delle dispersioni, tenendo in considerazione i differenti flussi delle acque sotterranee e superficiali, la contaminazione da Pfas rilevata sul territorio è molto più estesa rispetto alla proiezione sulla superficie della area di falda: ciò viene principalmente attribuito ad attività antropiche legate all’agricoltura (irrigazione, fertilizzazione), e alla probabile presenza di altre sorgenti di contaminazione, che ancora non si conosce se siano legate all’attività di produzione dei Pfas. La contaminazione ambientale viene considerata di difficile rimozione, per cui si presume che il problema sarà presente per vari decenni, data la compromissione dell’acquifero indifferenziato, che ha uno spessore di circa 150 metri di ghiaia nella zona “critica”.

 

Il biomonitoraggio umano

A Bologna, l’illustrazione dei dati di biomonitoraggio ha restituito informazioni sulla presenza significativa di Pfoa nel siero delle persone appartenenti alla zona rossa–esposti, rispetto agli individui delle zone di controllo, con significative differenze nei livelli tra persone appartenenti all’Asl ex 5, alla ex 6, e nel gruppo di allevatori, appartenenti alla cosiddetta area rossa. Gli indicatori statistici evidenziano che il carico corporeo di Pfoa in Asl ex 5 è  tra i più alti descritti nella letteratura internazionale in casi analoghi (vedi studio C8 Ohio/Virginia)  e risulta di un fattore 4-5 più elevato di quello  presente in Asl 6,  che a sua volta differisce significativamente da quello dei gruppi di controllo–non area rossa. In questo contesto, il gruppo di allevatori, indipendentemente dall’appartenenza all’Asl ex 5 o 6, mostra livelli mediani più elevati rispetto al gruppo Asl 5. Questo dato è stato interpretato con la presenza di fattori addizionali all’esposizione a Pfoa rispetto all’acqua, che dalle schede sulle abitudini alimentari raccolte si associa al consumo di vegetali prodotti in loco (cereali, frutta) e di alimenti di origine animale.

 

I dati alimentari: campionamento ed analisi

Alla luce di questa premessa, i dati scientifici sulla contaminazione degli alimenti  presentati il 16 novembre in conferenza stampa possono essere letti in modo aggregato nel seguente modo, in attesa di una più puntuale ed aperta disponibilità del dato grezzo, di come sia stato prodotto, e di come sia stato elaborato.

La rappresentatività dei  campioni si evince calcolata sulla base di una assunta distribuzione binomiale delle frequenze di contaminazione e della relativa deviazione standard: “Per le matrici non considerate nel precedente campionamento, la numerosità campionaria è stata determinata con lo scopo di stimare la contaminazione media con una precisione pari al 25% della deviazione standard in valore assoluto e una confidenza del 95%”. Tale approccio non è consueto per i contaminanti ambientali persistenti, in cui i descrittori statistici da prendere in considerazione sono oltre la media (meglio geometrica),  la mediana e i vari percentili/interquartili, in virtù delle distribuzione di frequenza asimmetriche, e nel caso, la deviazione assoluta intorno alla mediana. Tali frequenze di distribuzione poi risultano molto differenti tra alimento e alimento, e con profonde differenze ad esempio tra Pfos e Pfoa nelle matrici animali e vegetali.  Questo può avere portato ad una riduzione del numero di campioni, numerosità richiesta per descrivere in modo robusto le alte contaminazioni (alti percentili), che sono estremamente utili per capire sia i dati di biomonitoraggio nel gruppo “allevatori”, sia la presenza di possibili fonti di inquinamento secondarie, segnalato da Arpaveneto.

Il campionamento diretto degli alimenti consumati da tale gruppo allevatori sarebbe probabilmente stato la via maestra, in un quadro di one health, e avrebbe dato peso alle evidenze già acquisite e in parte ovviato alle ristrette numerosità campionarie considerate.

In particolare, appaiono oltremodo critiche le numerosità campionarie per la verdura in foglia, da ritenersi più suscettibile per la contaminazione a Pfas a corta catena. In questo senso, appare meritevole approfondire i riscontri di Pfoa nel mais, a fronte delle mancate rilevazioni di Pfas a corta catena. Questo dato può trovare una spiegazione non nella contaminazione delle acque, ma in quella del terreno, capace di trattenere più efficacemente i Pfas a catena medio-lunga. Questo aspetto viene approfondito in seguito.

I metodi analitici utilizzati non appaiono completamente in linea con lo stato dell’arte sotto alcuni aspetti: a) la correlazione ai consumi della derrata alimentare (gli alimenti più consumati, quali quelli di origine vegetali dovrebbero avere livelli di rilevabilità analitica più performanti: un alimento molto consumato ma poco contaminato può dare apporti equivalenti ad un alimento molto contaminato ma poco consumato); b) l’orientamento, come ad esempio nel caso delle acque potabili, di sommare tra di loro le contaminazioni di Pfas che possono riconoscere la stessa via per determinare l’effetto tossico, che sta portando a rivedere al ribasso i limiti di performance; c) la qualità delle apparecchiature analitiche disponibili presso i laboratori che può permettere livelli prestazionali analitici di garanzia per limitare il numero di campioni con risultati non quantificati; d) la revisione al forte ribasso dei valori guida per le esposizioni alimentari umane, da 1500 ng/kg/giorno per il Pfoa (Efsa 2008) ai 20 ng/kg/giorno della Agenzia Statunitense per l’Ambiente (Us-Epa, 2016).

Da ultimo, nello studio sono stati considerati 12 Pfas in campo alimentare; i rappresentanti Efsa hanno segnalato di considerare 18 Pfas per cui sono disponibili informazioni tossicologiche sufficienti per derivare valori guida per l’esposizione alimentare umana, sia per la possibile tossicità associata, sia perché alcuni PFAS non ricercati sono importanti precursori di Pfos e Pfoa, e dei Pfas a catena corta. Chi sta sul territorio conosce i problemi legati all’abbattimento dei Pfas dagli scarichi industriali, dove in seguito a fermentazioni/ossidazione dei reflui in entrata al depuratore aziendale, si generano concentrazioni di alcuni Pfas più elevate nei reflui in uscita. Un tale approccio sarebbe stato interessante applicarlo ai vini, ottenuti dalla fermentazione delle uve da tavola, possibilmente conoscendo i Pfas precursori prodotti ed utilizzati sul territorio. La liberazione di Pfos e Pfoa da precursori può riguardare anche l’ambito intestinale e contribuire a spiegare i dati di biomonitoraggio umano e animale rispetto alle esposizioni ambientali/alimentari. (nella tabella Epa i Pfas da ricercare)

I dati alimentari spiegano l’esposizione umana?

Nel pesce di cattura da acque dolci, i livelli di contaminazione da Pfos erano ampiamente attesi, specie quando riferiti ai predatori.  Il consumo di tali specie è di solito ristretto a gruppi che appare non incluso nello studio di biomonitoraggio e che vivono di sussistenza anche per le abitudini alimentari etniche, in cui sarebbe lecito attendersi livelli elevati di Pfos nel sangue.

Per contro, non appaiono decisive le contaminazioni per Pfoa nei vegetali per spiegare i dati di biomonitoraggio-allevatori, fatta salva la prestazione dei metodi analitici. In particolare nei vegetali,  sembra trovare riscontro parziale riscontro quanto segnalato da Arpa veneto riguardo una estensione della contaminazione da Pfas rispetto alla falda dovuta a pratiche agricole, e soprattutto, la attesa maggiore presenza di Pfas a catena corta, dotati di maggiore mobilità rispetto al Pfoa, e quindi più efficaci nel passaggio dalla matrice suolo a quella vegetale, attraverso l’assorbimento radicale.

Il discorso delle positività nei maiali – muscolo/fegato a Pfoa e in secondo ordine delle uova può essere l’aspetto veramente interessanteche può sottolineare come la contaminazione sia tuttora presente e insista in modo importante in ambiente zootecnico, anche per fattori non legati all’acqua: questo per la durata abbastanza contenuta della vita zootecnica degli animali che riduce il tempo di esposizione/bioaccumulo, per il contatto prolungato in atteggiamento esplorativo (grufolamento, razzolamento) con il terreno alla ricerca di una risorsa alimentare, e per la possibile alimentazione zootecnica  a base di mais aziendale (contaminato).

Questo dato sposta quindi l’attenzione dal fattore acqua al fattore suolo, laddove il Carbonio organico presente nel’humus del suolo superficiale è in grado di concentrare di circa 1000 volte Pfos e Pfoa presenti nelle acque di irrigazione e meteoriche, laddove l’apporto non provenga da ammendanti compostati da fanghi di depurazione. In un terreno al 3% di Carbonio organico irrigato con acqua contenente Pfoa a 500 ng/L, ci si aspettano concentrazioni di 15 ng/g, ordine di grandezza compatibile con la rilevata contaminazione nel mais, tenendo presente i fattori di trasferimento.

In particolare risulta interessante osservare come il Pfos, a più elevato bioaccumulo rispetto al Pfoa, spunti concentrazioni inferiori. Questo dato è in controtendenza rispetto alla letteratura internazionale, e non trova nemmeno riscontro nei dati disponibili sulla selvaggina – cinghiale, dove nel muscolo sono riportati valori mediani e massimi per il Pfoa (2.75–15.9 ng/g) simili a quelli del  Pfos (2.47–12.8 ng/g), mentre nel fegato il Pfoa (6.7-39 ng/g) risulta presente a concentrazioni circa 10 volte inferiori (Pfos 95–397 ng/g).

In tale contesto, viene a mancare il dato relativo alla selvaggina – cinghialeperaltro segnalata nelle schede di rilevazione dei consumi alimentari degli allevatori come possibile fattore da associare ai livelli ematici di Pfoa/Pfas. La presenza di una importante popolazione di ungulati, la adozione di abbattimenti di pubblica utilità, la presenza sul territorio di centri per la macellazione della selvaggina non dovrebbero avere costituito degli ostacoli per considerare non fattibile tale campionamento ed analisi, anche alla luce delle evidenze della letteratura internazionale. Inoltre tale animale costituisce di fatto una ottima sentinella ambientale, su cui ad esempio orientare le attività sia ambientali che alimentari per rilevare potenziali sorgenti secondarie di contaminazione.

La valutazione e caratterizzazione del rischio: non solo acqua?

La Regione Veneto recentemente ha inteso adottare per le acque potabili limiti per Pfoa molto più restrittivi rispetto a quelli proposti dall’Istituto Superiore di sanità nel 2014 (500 ng/L). Tali nuovi livelli di performance sono in linea con quelli statunitensi che sono stati proposti sulla base di un valore guida per esposizione umana pari a 20 ng/kg/ giorno già ricordato in avanti.

Considerando il gruppo allevatori/agricoltori sembra più opportuno esaminare in chiave conservativa il consumo alimentare quasi esclusivo della derrata prodotta in loco (la macellazione familiare del maiale) e i consumi alimentari medi. A livello di consumo familiare appare limitativo considerare un livello medio di contaminazione e risulta abbastanza improbabile che un individuo sia contemporaneamente un forte consumatore di uova, fegato, carne, pesce.

Considerando quindi le contaminazioni più elevate riscontrate (fatta salva la robustezza statistica degli alti percentili), e i consumi medi del database Inran Scai riferiti alle sole persone adulte che effettivamente consumano la derrata, per individui di 63 kg si otterrebbero solo per il consumo di mais e prodotti a base di mais, fegato e carni suine (compresi prosciutti, salami e salsicce), uova, esposizioni alimentari di 55 ng/kg giorno di  Pfoa. Tale esposizione troverebbe una equivalenza in una contaminazione di acqua potabile pari a 1700 ng/L di Pfoa per un consumo di 2 L/persona/giorno (Us-Epa pone un consumo di 1,4 L), e risulta superiore ai livelli guida per esposizioni umane statunitensi di un fattore di circa 2, che laddove venisse inclusa anche l’acqua potabile, aumenterebbe fino a 3 per un livello di performance a 500 ng/L.

 

Considerazioni finali

I dati prodotti dallo studio presentato alla stampa forniscono spunti di approfondimento per la contaminazione ambientale dei suoli agricoli, e per l’apporto di Pfoa da parte di alimenti solidi, di origine animaleTali elementi non sembrano siano stati adeguatamente considerati fino ad ora, dove l’attenzione è stata fondamentalmente rivolta al ruolo delle acque potabili, e all’adozione dei sistemi di depurazione adeguati.

A questo punto appare dirimente conoscere l’annunciata opinione Efsa sui Pfasper meglio interpretare i risultati prodotti dallo studio Iss-Izs Venezie–Arpa Veneto sugli alimenti, risultati che si auspica siano resi disponibili in modalità aperta. Questo può essere un utile confronto per tutto il mondo agricolo produttivo che già si è preoccupato di eseguire analisi in autocontrollo per la presenza di Pfas presso laboratori privati, e che rivendica la genuinità delle proprie produzioni e la applicazione delle buone pratiche agricole, anche se non si può escludere che sia tra le categorie più esposte.

A cura redazione del Sivemp Veneto – 21 novembre 2017

tratto da: http://www.sivempveneto.it/lanalisi-la-contaminazione-da-pfas-negli-alimenti-lanello-mancante-tra-qualita-dellambiente-ed-esposizione-delluomo/

 

 

 

 

 

25 novembre Evento Biodistretti ed agricoltura sostenibile

Sala Polivalente Diego VALERI – Padova
Sabato 25 novembre 2017

Partecipazione aperta al personale non medico fino ad esaurimento posti.

Iscrizioni nuova-legge-agricoltura-bioal link: https://www.svemg.it/biodistretti-ed-agricoltura-sostenibile/

Programma: Biodistretti_ISDE_25_11_2017_Rev01

Il Veneto è la Regione italiana con il più alto consumo di pesticidi ed è contemporaneamente una delle regioni con il più alto numero di aziende biologiche; è la Regione con un fatturato agricolo fra i più alti e nello stesso tempo quella in cui le “manifestazioni popolari” si susseguono sempre più numerose reclamando la messa al bando dell’uso dei pesticidi. E’ la Regione dove, da un lato, le aziende biologiche sono sempre più attive nel campo della sperimentazione e della ricerca, dove il consumo di prodotti biologici è fra i più elevati, dove l’agricoltura si sta sviluppando attraverso piccole o grandi monoculture, ma è anche quella realtà che dall’altro lato presenta ancora troppe coltivazioni destinate alla produzione di biomasse economicamente appetibili solo grazie agli incentivi governativi .
I danni provocati dall’uso dei pesticidi sulla salute umana sono oramai noti da tempo e numerose pubblicazioni scientifiche lo dimostrano. La classe medica è chiamata ad impegnarsi con maggiore convinzione e determinazione nello sviluppare una solida cultura della prevenzione e della precauzione per far fronte ai danni provocati alla salute e all’ambiente da parte di queste sostanze chimiche. La questione “Glifosate”, ne è fedele paradigma.

L’incontro vuole essere quindi occasione per conoscere il punto di vista degli agricoltori biologici sullo stretto rapporto fra agricoltura, salute dell’ambiente, alimentazione e salute umana e le scelte oggi più sostenibili e praticabili.
Verranno presentati i dati relativi al consumo dei pesticidi e si affronterà il rischio connesso alla loro esposizione; si analizzerà inoltre il danno epigenetico legato al consumo di cibi contaminati dai pesticidi con le possibili minacce sulla salute delle future generazioni.
Si parlerà quindi di una nuova metodica utilizzata per misurare la qualità dei cibi: la Risonanza Magnetica, tecnica innovativa che consente la tracciabilità del “vero” biologico.
Infine in stretto legame con le attività promosse dall’ ISDE Nazionale e la FNOMCeO, verrà presentata l’iniziativa rivolta al monitoraggio dello stato di salute dell’ambiente e della popolazione attraverso la creazione e lo sviluppo della rete italiana dei medici sentinella dell’ambiente (RIMSA).